Dal 1993, questa giornata è servita a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle preoccupazioni, i problemi e i diritti delle persone disabili, contribuendo così ad una partecipazione paritaria alla vita di tutti.
Per chi è portatore di disabilità, vivere la propria vita non significa escluderne il movimento.
Viverlo poi, senza sentirlo come un disagio sociale o un ostacolo intramontabile. Il corpo anche per i disabili non è una gabbia. Basta pensare a come possono viverlo i campioni paralimpici.
Atletica, basket, canoa, sci e vela per disabili e molte altre specialità sportive.
L’inserimento di persone portatrici di handicap in un contesto sportivo però è un fatto relativamente recente.
La prima attività pionieristica ebbe origine in Gran Bretagna, nel centro di riabilitazione motoria dell’ospedale di Stoke Mandeville (Aylesbury), grazie all’entusiastica opera di Sir Ludwig Guttmann, neurochirurgo. Nel 1952 per la prima volta i Giochi di Stoke Mandeville, nati nel 1948, divennero internazionali, e nel 1960 si svolsero nel contesto delle Olimpiadi di Roma. L’apoteosi del movimento sportivo per disabili si ebbe nel poi 1988 a Seul, nella Corea del Sud.
Quindi l’importanza dello sport. Solitamente, una disabilità fisica, più o meno grave, ostacola il reinserimento nel contesto lavorativo, originando uno stato di depressione che rende il soggetto totalmente astenico, demotivato e abulico, talvolta mero e passivo oggetto delle cure mediche. Non ci sono dunque gli stimoli giusti alla condizione di disabilità. Servono nuovi interessi e nuove motivazioni.
È qui che disabilità e sport entrano in contatto: l’invenzione di sport e attività adattate all’handicap crea un contesto ambientale e sociale che risponde alle esigenze della disabilità.
Aiutiamo e porgiamo la mano sempre ai nostri atleti disabili! Sono una ricchezza per il nostro mondo sociale!
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